I Lav Roma
2007-10-10 12:56:41 UTC
È l'inizio dell'estate, è da poco finito il campionato dei fatti di Catania, della morte di Raciti, delle porte chiuse, delle trasferte vietate, degli stiscioni proibiti. Tra un paio di mesi inizierà invece il campionato che secondo la legge Amato sarà quello della svolta, degli stadi tranquilli, del "niente più Polizia", del "toccherà agli steward delle società garantire l'ordine all'interno degli stadi". Se rivoluzione sarà, voglio vederla con i miei occhi. Come? Diventando uno steward. Ma come si fa? Alcuni dicono che bisogna presentare domanda allo stadio Olimpico, quindi al Coni. Ma non è così e dopo qualche telefonata scopro che bisogna rivolgersi direttamente al club per il quale si vuole fare servizio d'ordine. Nel mio caso la Roma. Una chiamata a Trigoria e mi dicono di presentarmi lì, all'ufficio competente con documeto e fototessera. Un breve colloquio, qualche raccomandazione del tipo: «Se vi prendiamo vogliamo una certa affidabilità, non è che non venite mai». Poi il chiarimento sul pagamento: «Questo lavoro lo si fa per passione, non per guadagnarci». Sì, ma quanto si prende? «Mah, ancora è da vedere, ma sarà più o meno come l'anno scorso». Ovvero 20 euro a partita. Sì, 20 euro, per garantire l'ordine all'Olimpico. A me non interessa, ma mi chiedo chi è che decide di farlo. E perché.
Passa qualche settimana senza avere notizie. Comincio a pensare che non verrò scelto, poi lunedì 23 luglio arriva una telefonata sul cellulare. Riconosco il numero di Trigoria. «Signor Giannini?». «Sì». «Deve venire mercoledì alle 17 all'Olimpico sotto la Sud». «Ma è per gli stewards?». «Certo» e riattacca. Telegrafico.
25/7/2007 IL MINI CORSO
Mercoledì è il 25 luglio, il giorno prima della festa degli ottanta anni della Roma, della presentazione della nuova squadra al pubblico. Le istruzioni dicevano che la convocazione era alle 17 e che avremmo dovuto aspettare il responsabile, la stessa persona con la quale avevo fatto il colloquio. Alla sbarra della Sud ci fanno attendere, e le persone di guardia ai cancelli ci danno le prime indicazioni: «State tranquilli, la partita riuscite a vedervela. Almeno una parte. E mi raccomando l'abbigliamento, chi è vestito meglio va nei settori migliori. Cominciano ad arrivare decine di persone. Alla fine siamo una sessantina. Cerco di capire quale è la tipologia dell'aspirante steward. Ma non ce ne è una. C'è di tutto, giovani, anziani, uomini, donne, più o meno istruiti. Fa caldo, molto caldo, a Roma sono 37 gradi e ci si mette tutti all'ombra.
Alle 17 arriva il responsabile della Roma, accompagnato dai rappresentanti del Coni e del Gos (Gruppo Operativo di Sicurezza). Ci dicono di seguirli. Si va in Sud, tutti seduti come una scolaresca, nelle prime file, quelle che scompariranno per i lavori. Tutto attorno i preparativi della festa e i lavori di ristrutturazione dello stadio. I nuovi maxi schermi non ci sono ancora e l'unico vero cambiamento è la grande scala gialla che divide a metà le Curve. Si comincia. Ci viene mostrata una piantina con lo schema dei settori dello stadio. Poche indicazioni, viene sommariamente spiegata la nuova numerazione: «La disposizione dei posti è intuitiva, c'è una destra e una sinistra, ma bisogna mettersi con le spalle al campo». Intuitivo? Boh. Poi altre direttive: «Dovete far rispettare i posti e nessuno sulle scale». «E a quelli della Sud chi glielo dice» scherza qualcuno. Poi un altro consiglio: «Soprattutto all'inizio rivolgetevi ai responsabili». Come a dire, non prendete iniziative. «Ma i soldi?». «Speriamo che ce ne possano essere di più» ci rispondono. «Tutti tifosi della Roma?». «Si certo».
«Va bene, questa è la Sud, ora andiamo in Montemario». Si riparte, tutti insieme, passando per la pista d'atletica, qualcuno, non resiste alla tentazione e va a toccare il prato. Altri si mettono in porta e si fanno fare una foto. Ci sediamo in tribuna e una ragazza che ha già fatto la steward gli anni passati ci spiega come si fa in Montemario: «L'abbigliamento, mi raccomando, giacca e cravatta. E niente scarpe da ginnastica». «Ma si può mangiare?». «Qui non vi regala niente nessuno, portatevi tutto sennò... I panini mangiateli prima delle sei o dopo la partita. In mezzo non si tocca cibo». In campo si fanno le prove per lo spettacolo musicale della sera successiva e non si sente una parola. «Uno-due-tre prova». Ci dicono di andare verso gli uffici sotto la Tevere per mettere la firma di presenza. Ma come? E' già finito? Tutte qui le indicazioni? Ma non sappiamo quasi nulla. Forse domani ci spiegheranno nel dettaglio cosa fare. Riattraversiamo il campo, si passa attraverso i cunicoli dello stadio e si sbuca sotto la Tevere per andare verso gli uffici dei reponsabili degli steward che sono sotto la Nord. Non mi aspettavo il lusso dell'Hilton ma è peggio di quanto potessi immaginare: puzza di pipì, poi anche di fogna. Ci si mette tutti in fila per la firma. In 60 stipati dentro una stanzetta maleodorante, fa un caldo atroce e la puzza di sudore si somma alle altre. Poi l'appuntamento per il giorno successivo: «Domani alle 16». «Che? Alle 16?». Sì, e si finisce a mezzanotte. Tutto per 20 euro. Appuntamento al cancello 33. Gli altri se ne vanno io faccio il percorso inverso, rientro dentro lo stadio, e passo sotto al tunnel dove passa l'ambulanza. Alla faccia della sorveglianza. Dei Vigili del Fuoco mi danno delle indicazioni per uscire e sono fuori. Domani si comincia.
26/2007 IL GIORNO DELLA FESTA
Appuntamento alle 16 all'ingresso numero 33 in Tevere. Il giorno prima ci era stato chiesto di essere puntuali, prendendo nota di chi per qualsiasi motivo avesse tardato. Alle 16 arrivo a piedi, vestito di tutto punto, allo stadio. E' una giornata rovente, per strada non c'è nessuno poi, improvvisamente, davanti all'ingresso 33 una fila di un centinaio di persone, forse 200, tutti steward, vecchi e nuovi. Per fortuna le tribune ci fanno ombra. La fila è lentissima. Quelli accanto a me cominciano a sbuffare: «Aho meno male che bisognava essere eleganti, qui c'è gente co' i calzoncini e le ciavatte. Abbiamo capito, la prossima volta nun ce fregano». «Io me so già stufato, se continua così arrivo alla prima de campionato poi li saluto». Alle 17,30 siamo dentro, ci consegnano un tesserino provvisorio solo col nome, senza la foto, e si va verso gli uffici lato Curva Nord. E di nuovo attesa. Si fanno le 18 e nessuno dice cosa dobbiamo fare. Cominciano le chiamate: prima gli "anziani", poi le "riserve" (chi sono le riserve lo scoprirò in seguito), e sempre lì ad aspettare. Una voce: «Vengano qui le ragazze vestite bene». Ne arrivano 3 o 4 e noi ancora lì.
Poi è il nostro turno: «Solo quelli in giacca e cravatta in Monte Mario». Un gruppetto di una decina di persone e nessuno sa cosa bisogna fare. Veniamo affidati al più anziano del gruppo che dice di conoscere lo stadio, dovrebbe essere lui a portarci a destinazione. Quasi sotto la Sud si fa dietrofront. «Che è successo?». «Ci siamo dimenticati i fratini». E tutti indietro. Arrivano i fratini, taglia unica. Un ragazzo particolarmente corpulento scherza: «Ahò a me me ce ne vogliono due, uno davanti e uno dietro». Si riparte, «Non facciamo il giro, passiamo dalla Nord» dice qualcuno. Ci si prova. Arriviamo al cancello che divide esternamente i settori ma è chiuso e nessuno ci apre. «Allora passiamo dal campo» dice la nostra guida improvvisata. A questo punto qualcuno comincia a insorgere: «Ma come dal campo? Da quando in qua ti fanno passare dal campo. Ah, io nun me movo». Si torna indietro verso la Tevere, ma ci bloccano di nuovo: «Guardate che al cancello della Nord ci deve essere qualcuno». E di nuovo indietro. Stavolta si passa. Finalmente arriviamo sotto la Tribuna d'Onore dove veniamo divisi in gruppetti da tre. Ognuno ha un "superiore" cui rispondere. Il mio è una ragazza che ci spiega dove dovremo andare: «Montemario lato Sud». Sulla carta uno dei posti migliori.
Entriamo in Tribuna quando alcuni tifosi (un centinaio) sono già dentro. Ma il corso? Le spiegazioni sui posti, i nostri compiti? Niente, veniamo lasciati lì in balia degli eventi. Io e un altro ragazzo volenteroso proviamo a capire la cervellotica nuova numerazione. «Ma i posti come sono messi?». Perdiamo 15 minuti a capire la distribuzione dei settori. Il foglietto con lo schema che ci hanno dato è ben poco comprensibile. «E' così». «No, è così». «Io ho capito». Alla fine arriviamo ad una soluzione che mette tutti d'accordo anche se piuttosto complicata. Cominciamo a dare indicazioni agli spettatori su dove sedersi e tutto sembra scorrere tranquillo. I primi dubbi vengono quando un signore viene da noi con in mano un biglietto per un posto che secondo il nostro schema non esiste! Lo facciamo accomodare comunque in attesa di capire meglio. Aumenta il flusso. E la gente, che all'inizio per orgoglio voleva fare da sola, comincia a chiedere informazioni. Sempre di più, alla fine si è presi d'assalto: 20, 30, 40 poi 50 persone intorno, tutte col biglietto in mano. «Ma dove dobbiamo andare?». «Qui nun se capisce niente». Si avvicina l'inizio della festa e la situazione peggiora, aumenta la frenesia, ma soprattutto comincia ad arrivare gente che si contende lo stesso posto. Sale la tensione. Vola qualche insulto. «Vi denuncio». «Io ho pagato per questo posto e voglio il mio, non un altro». Proviamo a mediare facendo accomodare la gente in altri posti. Ma nessuno vuole stare in posizione defilata. «Io sono invalido». «Io c'ho due bambini». «Io sono infortunata». Non ci si riesce a liberare. La festa è iniziata da un'ora e ancora decine di persone vagano alla ricerca del seggiolino. «E i posti del Coni dove sono? E il rinfresco delle Poste?». Verso le 22.20 la situazione si tranquillizza. Zuppi di sudore ci andiamo a prendere una bottiglietta d'acqua. Vendono birra. Ma come non erano vietate e bevande alcoliche? Ci godiamo la festa fino alla fine. Poi durante il giro di campo ci viene detto di andare tutti verso il vetro giù in basso per facilitare il deflusso degli spettatori. A mezzanotte e dieci riconsegnamo i fratini. Ma dobbiamo ancora andare a firmare per essere pagati. Ci rifacciamo il giro del campo fino alla Nord. Negli altri settori pare che le cose siano andate meglio. Entriamo nell'ufficio. «No, non servono firme, il calcolo delle presenze oggi lo facciamo in maniera diversa (quale non è dato di saperlo) non vi preoccupate»
2/9/2007 ROMA-SIENA
E' la prima in casa del campionato e la convocazione per le partite delle ore 15 è alle 10 del mattino. Stavolta, memore dell'esperienza della festa degli ottanta anni, me la prendo comoda. Arrivo alle 10.45. La fila c'è, ma scorre velocemente. Anche stavolta in giacca e cravatta per andare in Monte Mario e vedere se ci sono stati cambiamenti in quel settore. All'ingresso mi danno il tesserino definitivo e la scheda di presenza. Sul retro una scritta che dice "Tribuna Tevere". E' lì che verrò destinato. Subito una fila nel solito cunicolo maleodorante per prendere l'assegno della volta precedente, i venti euro faticosamente guadagnati. Arriva il mio turno, ma l'assegno non c'è. «C'è un gruppo di steward a cui non è stato fatto - mi dicono - Segnalalo nell'altra stanza e lo avrai la prossima volta». Faccio al segnalazione scavalcando una lunga fila di altre persone in fila per altri motivi e il mio nome viene segnato a penna su un foglio. Succederà qualcosa?
E' tempo di muoversi verso il settore. Ci vengono consegnati dei fratini provvisori, ma stavolta ci dicono che possiamo portarli a casa. Il nostro capo gruppo è piuttosto esperto. Entriamo in tribuna e ci disponiamo, secondo le sue indicazioni, uno per ingresso. Aspettiamo lì. Poi un segnale: «C'è da fare la bonifica». «Cosa?». «Controllate che i seggiolini non si muovano». Disciplinatamente inizio a farlo, non si sa mai, meglio evitare che a qualcuno venga voglia di lanciarli. Poi alcuni colleghi mi fanno capire che non è il caso, perche è «Tutto a posto». Della serie «Ma chi te lo fa fare, lascia perdere». Il tempo stavolta vola ed è quasi l'ora di apertura dei cancelli. Giusto qualche secondo per sistemarsi la giacca (che me la sono portata a fare, visto che in Tevere tutti i "colleghi" sono vestiti in jeans e maglietta) ed ecco i primi tifosi. Ma quale è il nostro compito? Ancora non ci è stato detto. Dobbiamo solo controllare o aiutare la gente a trovare posto? Con un altro steward abbiamo studiato bene la mappa dei posti e dopo alcuni minuti siamo riusciti a capire la disposizione, anche perché stavolta, sono stati messi dei cartelli che indicano il settore in cui ci si trova. La gente non li vede, ma almeno aiutano noi a indirizzarli verso la zona giusta.
E' la prima domenica della stagione con l'ingresso gratuito per gli under 14. E le facce dei bambini che entrano per la prima volta all'Olimpico fanno commuovere. Ti ricordano la tua prima volta, quella sensazione di immensità che si provava a vedere il campo che improvvisamente compariva in cima alle scale. Ma per loro c'è una brutta sorpresa, colpa del caldo soffocante di inizio settembre e di una giornata di sole pieno. I posti assegnati sono quasi tutti nel parterre. I papà storcono la bocca quando lo scoprono, ma accettano la situazione. Dopo un'ora però cominciano a tornare tutti, zuppi di sudore: «Vi prego, possiamo stare qui all'ombra, almeno fino all'inizio della partita? Sotto si muore, il ragazzino si sta sentendo male». Intanto lo stadio si va riempiendo. Dal lato opposto della Tribuna, dove c'è il vetro che separa dai Distinti Nord vedo dei ragazzi che scavalcano. Lì vicino ci sono degli steward, ma nessuno li ferma. Mi dicono pure che qualcuno nel salto dalla vetrata si è rotto un braccio. Eppure nessuno li ferma. Nel mio settore intanto c'è qualche lamentela per i posti che non si trovano, ma con un po' di aiuto la situazione si stabilizza. Tutti contenti perché la Roma segna subito, si soffre, soffriamo anche noi steward. A cinque dalla fine arriva il segnale del capo: «Tutti giù al parterre per iniziare le operazioni di deflusso». Ci spostiamo e nel percorso ci perdiamo il secondo e terzo gol. Ma non ci si può lamentare, è il lavoro. Finisce 3-0. Tutti contenti, noi pure. La gente sfolla, e si va verso casa. Appuntamento per mercoledì 19 per la Dinamo Kiev. Io non ci sarò. Per me la prossima è la prova del nove del funzionamento del servizio. Roma-Juve e il tutto esarito.
23/9/2007 ROMA-JUVENTUS
Domenica 23, è il giorno di Roma-Juve, la convocazione è per le 10 di mattina. Stavolta non mi ci fregano, niente giacca e cravatta. Camicia, pantalone sportivo e scarpe da ginnastica. Arrivo con calma per evitare la fila. Al solito cancello della Tevere ci sono 4 o 5 ragazzi davanti a me. Do il mio numero di tesserino da steward e mi consegnano il cartellino delle presenze. Controllo: "Roma-Dinamo.... assente ingiustificato". "Roma-Juventus... R. «Erre? E che significa erre?». «Che sei riserva» mi dice qualcuno. «Quindi?». «Quindi aspetta, che alla fine ti assegnano al tuo settore». Faccio come dicono loro e mi metto in fila nel solito corridoietto maleodorante (oggi a dire il vero puzza un po' meno). Il tempo passa. I vari gruppi di steward si dirigono verso i settori loro assegnati. Manca solo quello che si occuperà dei tifosi ospiti. «Stai a vedere che mi capita di stare in mezzo agli juventini. Dopo una lunga attesa ci chiamano. Sono in fondo alla fila. I primi vengono assegnati al settore ospiti, io e un signore distinto in giacca e cravatta invece veniamo diretti verso la Tribuna Monte Mario... lato Nord. Cioè vicino agli ospiti. Cominciamo a capire che non sarà una giornata tranquilla quando ci consegnano due caschetti arancioni. «Servono come protezione contro le bottiglie e le monetine». Capito, oggi si rischia.
Ci avviamo verso la Monte Mario e il nostro superiore ci accoglie. Nella sala sottostante la tribuna d'Onore ci mangiamo un panino (ovviamente portato da casa) perché dopo non ci sarà tempo. Mi compro una bottiglia d'acqua e quelli del bar me la versano in un bicchiere per evitare lanci. «Pure a noi che siamo steward?». «Proprio voi dovete dare il buon esempio». Finalmente uno che rispetta le regole. Si va in tribuna. Ci si divide per la consueta "bonifica". Comincia ad arrivare la gente. Alcuni vanno verso il centro della Tribuna ma il gruppo più folto di steward, tra cui anche io, viene messo in fila indiana lungo la scala più vicina al settore ospiti. Distanza dagli juventini 10-15 metri. E' giusto. Diciamo che è una sorta di protezione e controllo degli spettatori della Monte Mario. Sono il secondo dall'alto, e così quando arrivano i tifosi, soprattutto quelli stranieri provo a rendermi utile indicandogli il posto giusto. Ma mi viene detto che non posso farlo, che non è mio compito e che al massimo lo può fare il primo della fila. Peccato che l'inglese non lo mastichi granché e si arrangi solo con i gesti. Arrivano gli juventini, ma all'inizio non ci sono i gruppi più "caldi" e la situazione è tranquilla. Quando però il loro settore si riempie l'atmosfera si accende. Qualche scaramuccia con quelli della Nord e a farne le spese sono alcuni steward. Avreste dovuto vederli. Ragazzi senza la minima preparazione in materia, con gli sguardi preoccupati di fronte all'avanzata degli juventini, con le mani protese in avanti a frenare la corsa di centinaia di scalmanati. A fine partita ci riferiranno di uno o due aggrediti.
Inizia la partita, poi segna Trezeguet. Gli juventini nell'esultanza si rivolgono verso di noi battendo le mani sulle vetrate. Una di queste va in frantumi. In pratica non c'è più la separazione tra loro e i tifosi in Montemario. Pochi secondi e compare un poliziotto in borghese che si catapulta verso la vetrata. Arrivano anche tre o quattro uomini in giacca e cravatta. Non c'è tensione, gli juventini si giustificano, dicendo che non avevano alcuna intenzione di fare casino e anche il poliziotto non si fa prendere da smanie di protagonismo. A quel punto ci chiamano: «Voi, venite qui». «Noi?». In pratica facciamo da scudo, da separazione. Al posto del vetro. Un paio di noi vengono mandati proprio in mezzo ai tifosi bianconeri. E di certo non i più smaliziati o ben addestrati. Solo dei ragazzi semplici semplici, anche timidi, in giacca e cravatta e nessuna esperienza del genere. Per fortuna non gli accade niente ma le loro facce sono terrorizzate. Segna Totti, confesso di essermi lasciato andare ad una esultanza, poi resomi conto della vicinanza dei tifosi avversari torno rapidamente in me. Al secondo gol riesco a trattenermi. Una sfinge. Finisce il primo tempo e arrivano i poliziotti. Noi non serviamo più, e torniamo alla posizione di partenza, in fila indiana. Al 43' arriva il gol di Iaquinta. E in Montemario spuntano centinaia di juventini che fino a quel punto non si erano visti ne sentiti. E noi lì, zitti, ad ingoiare il boccone amaro mentre i tifosi bianconeri si dilettano a mostrarci le natiche appiccicandole al vetro, quello ancora sano. La giornata finisce lì, si torna sotto la Tribuna d'Onore: «I cappelletti teneteli per la prossima volta». «Prossima volta? Significa che con l'Inter mi ritocca?».
29/9/2007 ROMA-INTER
Prima di Roma-Juve avevamo subìto una ramanzina per il ritardo all'arrivo. Per non fare il bis mi presento quasi puntuale, quasi. L'appuntamento è alle 13, in realtà sono al cancello alle 13,30. C'è una fila chilometrica. «Ma perché ci fate venire a quest'ora?». Bah. Per fortuna in coda incontro uno degli steward conosciuti la sera della festa degli ottanta anni. Uno dei più simpatici. Gli racconto della partita in mezzo agli juventini, e lui. «Ma che sei matto? Io per 20 euro non la rischio la vita. Se col Napoli mi mandano nel settore ospiti me ne vado proprio». E' questo lo spirito della maggior parte di quelli che sono lì con me. «Fatemi vedere la partita e non mi chiedete altro, non mi servono nemmeno i 20 euro». E questi dovrebbero essere quelli che dovrebbero garantire la sicurezza negli stadi italiani? Accanto a noi c'è un ragazzo che invece dice di essere contento di stare nel settore ospiti «perché almeno lì sei sicuro di vedertela tutta la partita». Sì, ma con che spirito? Contento lui. Si entra e stavolta mi hanno rimandato in Tribuna Tevere. Prima però vado a chiedere di nuovo per i soldi, almeno quelli della festa. Niente. La prossima volta. Ma per me la prossima volta non ci sarà, e quei soldi non li vedrò mai. Pochi maledetti e subito? Macché, pochi, maledetti e mai. Mi affidano al responsabile della Tevere e iniziamo con la solita "bonifica". Poi c'è tempo da perdere, un'infinità. Mi metto a chiacchierare con un ragazzo che fa questo lavoretto per vedersi le partite e guadagnarsi due lire. Studia all'università e non è che vada fuori di testa per la Roma. A un certo punto arriva un suo amico furioso: «Ma voi che c'avete scritto sul tesserino?». «Perché?». «Perché io è il terzo anno che sto qui e mi mettono sempre ai cancelli, e la partita non la vedo. Al massimo metà. Ma non c'è una gerarchia?». Non ha tutti i torti, scoprire il modo in cui le persone vengono assegnate ai loro posti è un mistero.
Si aprono i cancelli e si inizia a lavorare. A me e al mio "compagno di settore" dicono di metterci sulle scale, in posizione abbastanza centrale, poco verso la Nord. Mi metto vicino all'ingresso e comincio a dare indicazoni a tutti quelli che cercano il posto. Passano le giornate ma ancora in tanti non capiscono dove devono andare (la numerazione resta incomprensibile). Visto che sto lì mi impegno e il mio settore funziona bene, tutti trovano il loro posto, teniamo le scale libere. Tutto in regola insomma. Ma dopo un po' il responsabile, visibilmente nervoso e sudato (chissà forse dopo una strigliata dall'alto) mi dice che non va bene, che non devo dare informazioni, e che devo stare sulle scale e basta per tenerle libere. Ricapitolando: non devo dare informazioni e non devo muovermi dal mio posto. Insomma, un lavoro utile. Lo faccio per un po' ma poi la gente alla disperata ricerca del suo posto viene da me e mi chiede dove andare. Nel settore ospiti esplode un petardo e uno steward resta stordito, forse ferito? Meno male che oggi non ci sto io lì in mezzo agli interisti. La partita è iniziata e il nostro settore è un gioiellino, ma ancora una volta non va bene. Poco prima della fine del primo tempo il responsabile passa dalle nostre parti e ci dice «Non state lì, andate di sotto». «Sotto dove? E perché?». Esaguiamo e di sotto ovviamente non c'è nulla da fare, ma in compenso non si riesce a vedere un granché la partita. Nel frattempo finisce il primo tempo e nel nostro settore di competenza iniziale ci sarebbe bisogno di noi con tanta gente che cerca il bagno o non ritrova il posto. Ma noi siamo ancora lì. Utile no? Dopo un po' risalgo lo stesso per rendermi utile. A cinque dalla fine la solita transumanza verso il parterre. Tutti gli steward in fila indiana per "farsi vedere". Si guardano gli ultimi minuti di partita, poi si aiuta la gente ad andare via. Stavolta non c'è il raduno in Montemario, una comunicazione al walkie talkie e poi il rompete le righe. Altre otto ore praticamente buttate.
I miei 100 giorni da steward finiscono qui. Lascio con alcuni dilemmi irrisolti: Quale è il compito degli steward? Quando verranno istruiti a dovere? Cosa succederebbe se ci fossero dei gravi scontri? Perché ci sono ragazzi che decidono comunque di farlo invece di vedersi la partita con gli amici? E soprattutto, vedrò mai i miei 20 euro?
Passa qualche settimana senza avere notizie. Comincio a pensare che non verrò scelto, poi lunedì 23 luglio arriva una telefonata sul cellulare. Riconosco il numero di Trigoria. «Signor Giannini?». «Sì». «Deve venire mercoledì alle 17 all'Olimpico sotto la Sud». «Ma è per gli stewards?». «Certo» e riattacca. Telegrafico.
25/7/2007 IL MINI CORSO
Mercoledì è il 25 luglio, il giorno prima della festa degli ottanta anni della Roma, della presentazione della nuova squadra al pubblico. Le istruzioni dicevano che la convocazione era alle 17 e che avremmo dovuto aspettare il responsabile, la stessa persona con la quale avevo fatto il colloquio. Alla sbarra della Sud ci fanno attendere, e le persone di guardia ai cancelli ci danno le prime indicazioni: «State tranquilli, la partita riuscite a vedervela. Almeno una parte. E mi raccomando l'abbigliamento, chi è vestito meglio va nei settori migliori. Cominciano ad arrivare decine di persone. Alla fine siamo una sessantina. Cerco di capire quale è la tipologia dell'aspirante steward. Ma non ce ne è una. C'è di tutto, giovani, anziani, uomini, donne, più o meno istruiti. Fa caldo, molto caldo, a Roma sono 37 gradi e ci si mette tutti all'ombra.
Alle 17 arriva il responsabile della Roma, accompagnato dai rappresentanti del Coni e del Gos (Gruppo Operativo di Sicurezza). Ci dicono di seguirli. Si va in Sud, tutti seduti come una scolaresca, nelle prime file, quelle che scompariranno per i lavori. Tutto attorno i preparativi della festa e i lavori di ristrutturazione dello stadio. I nuovi maxi schermi non ci sono ancora e l'unico vero cambiamento è la grande scala gialla che divide a metà le Curve. Si comincia. Ci viene mostrata una piantina con lo schema dei settori dello stadio. Poche indicazioni, viene sommariamente spiegata la nuova numerazione: «La disposizione dei posti è intuitiva, c'è una destra e una sinistra, ma bisogna mettersi con le spalle al campo». Intuitivo? Boh. Poi altre direttive: «Dovete far rispettare i posti e nessuno sulle scale». «E a quelli della Sud chi glielo dice» scherza qualcuno. Poi un altro consiglio: «Soprattutto all'inizio rivolgetevi ai responsabili». Come a dire, non prendete iniziative. «Ma i soldi?». «Speriamo che ce ne possano essere di più» ci rispondono. «Tutti tifosi della Roma?». «Si certo».
«Va bene, questa è la Sud, ora andiamo in Montemario». Si riparte, tutti insieme, passando per la pista d'atletica, qualcuno, non resiste alla tentazione e va a toccare il prato. Altri si mettono in porta e si fanno fare una foto. Ci sediamo in tribuna e una ragazza che ha già fatto la steward gli anni passati ci spiega come si fa in Montemario: «L'abbigliamento, mi raccomando, giacca e cravatta. E niente scarpe da ginnastica». «Ma si può mangiare?». «Qui non vi regala niente nessuno, portatevi tutto sennò... I panini mangiateli prima delle sei o dopo la partita. In mezzo non si tocca cibo». In campo si fanno le prove per lo spettacolo musicale della sera successiva e non si sente una parola. «Uno-due-tre prova». Ci dicono di andare verso gli uffici sotto la Tevere per mettere la firma di presenza. Ma come? E' già finito? Tutte qui le indicazioni? Ma non sappiamo quasi nulla. Forse domani ci spiegheranno nel dettaglio cosa fare. Riattraversiamo il campo, si passa attraverso i cunicoli dello stadio e si sbuca sotto la Tevere per andare verso gli uffici dei reponsabili degli steward che sono sotto la Nord. Non mi aspettavo il lusso dell'Hilton ma è peggio di quanto potessi immaginare: puzza di pipì, poi anche di fogna. Ci si mette tutti in fila per la firma. In 60 stipati dentro una stanzetta maleodorante, fa un caldo atroce e la puzza di sudore si somma alle altre. Poi l'appuntamento per il giorno successivo: «Domani alle 16». «Che? Alle 16?». Sì, e si finisce a mezzanotte. Tutto per 20 euro. Appuntamento al cancello 33. Gli altri se ne vanno io faccio il percorso inverso, rientro dentro lo stadio, e passo sotto al tunnel dove passa l'ambulanza. Alla faccia della sorveglianza. Dei Vigili del Fuoco mi danno delle indicazioni per uscire e sono fuori. Domani si comincia.
26/2007 IL GIORNO DELLA FESTA
Appuntamento alle 16 all'ingresso numero 33 in Tevere. Il giorno prima ci era stato chiesto di essere puntuali, prendendo nota di chi per qualsiasi motivo avesse tardato. Alle 16 arrivo a piedi, vestito di tutto punto, allo stadio. E' una giornata rovente, per strada non c'è nessuno poi, improvvisamente, davanti all'ingresso 33 una fila di un centinaio di persone, forse 200, tutti steward, vecchi e nuovi. Per fortuna le tribune ci fanno ombra. La fila è lentissima. Quelli accanto a me cominciano a sbuffare: «Aho meno male che bisognava essere eleganti, qui c'è gente co' i calzoncini e le ciavatte. Abbiamo capito, la prossima volta nun ce fregano». «Io me so già stufato, se continua così arrivo alla prima de campionato poi li saluto». Alle 17,30 siamo dentro, ci consegnano un tesserino provvisorio solo col nome, senza la foto, e si va verso gli uffici lato Curva Nord. E di nuovo attesa. Si fanno le 18 e nessuno dice cosa dobbiamo fare. Cominciano le chiamate: prima gli "anziani", poi le "riserve" (chi sono le riserve lo scoprirò in seguito), e sempre lì ad aspettare. Una voce: «Vengano qui le ragazze vestite bene». Ne arrivano 3 o 4 e noi ancora lì.
Poi è il nostro turno: «Solo quelli in giacca e cravatta in Monte Mario». Un gruppetto di una decina di persone e nessuno sa cosa bisogna fare. Veniamo affidati al più anziano del gruppo che dice di conoscere lo stadio, dovrebbe essere lui a portarci a destinazione. Quasi sotto la Sud si fa dietrofront. «Che è successo?». «Ci siamo dimenticati i fratini». E tutti indietro. Arrivano i fratini, taglia unica. Un ragazzo particolarmente corpulento scherza: «Ahò a me me ce ne vogliono due, uno davanti e uno dietro». Si riparte, «Non facciamo il giro, passiamo dalla Nord» dice qualcuno. Ci si prova. Arriviamo al cancello che divide esternamente i settori ma è chiuso e nessuno ci apre. «Allora passiamo dal campo» dice la nostra guida improvvisata. A questo punto qualcuno comincia a insorgere: «Ma come dal campo? Da quando in qua ti fanno passare dal campo. Ah, io nun me movo». Si torna indietro verso la Tevere, ma ci bloccano di nuovo: «Guardate che al cancello della Nord ci deve essere qualcuno». E di nuovo indietro. Stavolta si passa. Finalmente arriviamo sotto la Tribuna d'Onore dove veniamo divisi in gruppetti da tre. Ognuno ha un "superiore" cui rispondere. Il mio è una ragazza che ci spiega dove dovremo andare: «Montemario lato Sud». Sulla carta uno dei posti migliori.
Entriamo in Tribuna quando alcuni tifosi (un centinaio) sono già dentro. Ma il corso? Le spiegazioni sui posti, i nostri compiti? Niente, veniamo lasciati lì in balia degli eventi. Io e un altro ragazzo volenteroso proviamo a capire la cervellotica nuova numerazione. «Ma i posti come sono messi?». Perdiamo 15 minuti a capire la distribuzione dei settori. Il foglietto con lo schema che ci hanno dato è ben poco comprensibile. «E' così». «No, è così». «Io ho capito». Alla fine arriviamo ad una soluzione che mette tutti d'accordo anche se piuttosto complicata. Cominciamo a dare indicazioni agli spettatori su dove sedersi e tutto sembra scorrere tranquillo. I primi dubbi vengono quando un signore viene da noi con in mano un biglietto per un posto che secondo il nostro schema non esiste! Lo facciamo accomodare comunque in attesa di capire meglio. Aumenta il flusso. E la gente, che all'inizio per orgoglio voleva fare da sola, comincia a chiedere informazioni. Sempre di più, alla fine si è presi d'assalto: 20, 30, 40 poi 50 persone intorno, tutte col biglietto in mano. «Ma dove dobbiamo andare?». «Qui nun se capisce niente». Si avvicina l'inizio della festa e la situazione peggiora, aumenta la frenesia, ma soprattutto comincia ad arrivare gente che si contende lo stesso posto. Sale la tensione. Vola qualche insulto. «Vi denuncio». «Io ho pagato per questo posto e voglio il mio, non un altro». Proviamo a mediare facendo accomodare la gente in altri posti. Ma nessuno vuole stare in posizione defilata. «Io sono invalido». «Io c'ho due bambini». «Io sono infortunata». Non ci si riesce a liberare. La festa è iniziata da un'ora e ancora decine di persone vagano alla ricerca del seggiolino. «E i posti del Coni dove sono? E il rinfresco delle Poste?». Verso le 22.20 la situazione si tranquillizza. Zuppi di sudore ci andiamo a prendere una bottiglietta d'acqua. Vendono birra. Ma come non erano vietate e bevande alcoliche? Ci godiamo la festa fino alla fine. Poi durante il giro di campo ci viene detto di andare tutti verso il vetro giù in basso per facilitare il deflusso degli spettatori. A mezzanotte e dieci riconsegnamo i fratini. Ma dobbiamo ancora andare a firmare per essere pagati. Ci rifacciamo il giro del campo fino alla Nord. Negli altri settori pare che le cose siano andate meglio. Entriamo nell'ufficio. «No, non servono firme, il calcolo delle presenze oggi lo facciamo in maniera diversa (quale non è dato di saperlo) non vi preoccupate»
2/9/2007 ROMA-SIENA
E' la prima in casa del campionato e la convocazione per le partite delle ore 15 è alle 10 del mattino. Stavolta, memore dell'esperienza della festa degli ottanta anni, me la prendo comoda. Arrivo alle 10.45. La fila c'è, ma scorre velocemente. Anche stavolta in giacca e cravatta per andare in Monte Mario e vedere se ci sono stati cambiamenti in quel settore. All'ingresso mi danno il tesserino definitivo e la scheda di presenza. Sul retro una scritta che dice "Tribuna Tevere". E' lì che verrò destinato. Subito una fila nel solito cunicolo maleodorante per prendere l'assegno della volta precedente, i venti euro faticosamente guadagnati. Arriva il mio turno, ma l'assegno non c'è. «C'è un gruppo di steward a cui non è stato fatto - mi dicono - Segnalalo nell'altra stanza e lo avrai la prossima volta». Faccio al segnalazione scavalcando una lunga fila di altre persone in fila per altri motivi e il mio nome viene segnato a penna su un foglio. Succederà qualcosa?
E' tempo di muoversi verso il settore. Ci vengono consegnati dei fratini provvisori, ma stavolta ci dicono che possiamo portarli a casa. Il nostro capo gruppo è piuttosto esperto. Entriamo in tribuna e ci disponiamo, secondo le sue indicazioni, uno per ingresso. Aspettiamo lì. Poi un segnale: «C'è da fare la bonifica». «Cosa?». «Controllate che i seggiolini non si muovano». Disciplinatamente inizio a farlo, non si sa mai, meglio evitare che a qualcuno venga voglia di lanciarli. Poi alcuni colleghi mi fanno capire che non è il caso, perche è «Tutto a posto». Della serie «Ma chi te lo fa fare, lascia perdere». Il tempo stavolta vola ed è quasi l'ora di apertura dei cancelli. Giusto qualche secondo per sistemarsi la giacca (che me la sono portata a fare, visto che in Tevere tutti i "colleghi" sono vestiti in jeans e maglietta) ed ecco i primi tifosi. Ma quale è il nostro compito? Ancora non ci è stato detto. Dobbiamo solo controllare o aiutare la gente a trovare posto? Con un altro steward abbiamo studiato bene la mappa dei posti e dopo alcuni minuti siamo riusciti a capire la disposizione, anche perché stavolta, sono stati messi dei cartelli che indicano il settore in cui ci si trova. La gente non li vede, ma almeno aiutano noi a indirizzarli verso la zona giusta.
E' la prima domenica della stagione con l'ingresso gratuito per gli under 14. E le facce dei bambini che entrano per la prima volta all'Olimpico fanno commuovere. Ti ricordano la tua prima volta, quella sensazione di immensità che si provava a vedere il campo che improvvisamente compariva in cima alle scale. Ma per loro c'è una brutta sorpresa, colpa del caldo soffocante di inizio settembre e di una giornata di sole pieno. I posti assegnati sono quasi tutti nel parterre. I papà storcono la bocca quando lo scoprono, ma accettano la situazione. Dopo un'ora però cominciano a tornare tutti, zuppi di sudore: «Vi prego, possiamo stare qui all'ombra, almeno fino all'inizio della partita? Sotto si muore, il ragazzino si sta sentendo male». Intanto lo stadio si va riempiendo. Dal lato opposto della Tribuna, dove c'è il vetro che separa dai Distinti Nord vedo dei ragazzi che scavalcano. Lì vicino ci sono degli steward, ma nessuno li ferma. Mi dicono pure che qualcuno nel salto dalla vetrata si è rotto un braccio. Eppure nessuno li ferma. Nel mio settore intanto c'è qualche lamentela per i posti che non si trovano, ma con un po' di aiuto la situazione si stabilizza. Tutti contenti perché la Roma segna subito, si soffre, soffriamo anche noi steward. A cinque dalla fine arriva il segnale del capo: «Tutti giù al parterre per iniziare le operazioni di deflusso». Ci spostiamo e nel percorso ci perdiamo il secondo e terzo gol. Ma non ci si può lamentare, è il lavoro. Finisce 3-0. Tutti contenti, noi pure. La gente sfolla, e si va verso casa. Appuntamento per mercoledì 19 per la Dinamo Kiev. Io non ci sarò. Per me la prossima è la prova del nove del funzionamento del servizio. Roma-Juve e il tutto esarito.
23/9/2007 ROMA-JUVENTUS
Domenica 23, è il giorno di Roma-Juve, la convocazione è per le 10 di mattina. Stavolta non mi ci fregano, niente giacca e cravatta. Camicia, pantalone sportivo e scarpe da ginnastica. Arrivo con calma per evitare la fila. Al solito cancello della Tevere ci sono 4 o 5 ragazzi davanti a me. Do il mio numero di tesserino da steward e mi consegnano il cartellino delle presenze. Controllo: "Roma-Dinamo.... assente ingiustificato". "Roma-Juventus... R. «Erre? E che significa erre?». «Che sei riserva» mi dice qualcuno. «Quindi?». «Quindi aspetta, che alla fine ti assegnano al tuo settore». Faccio come dicono loro e mi metto in fila nel solito corridoietto maleodorante (oggi a dire il vero puzza un po' meno). Il tempo passa. I vari gruppi di steward si dirigono verso i settori loro assegnati. Manca solo quello che si occuperà dei tifosi ospiti. «Stai a vedere che mi capita di stare in mezzo agli juventini. Dopo una lunga attesa ci chiamano. Sono in fondo alla fila. I primi vengono assegnati al settore ospiti, io e un signore distinto in giacca e cravatta invece veniamo diretti verso la Tribuna Monte Mario... lato Nord. Cioè vicino agli ospiti. Cominciamo a capire che non sarà una giornata tranquilla quando ci consegnano due caschetti arancioni. «Servono come protezione contro le bottiglie e le monetine». Capito, oggi si rischia.
Ci avviamo verso la Monte Mario e il nostro superiore ci accoglie. Nella sala sottostante la tribuna d'Onore ci mangiamo un panino (ovviamente portato da casa) perché dopo non ci sarà tempo. Mi compro una bottiglia d'acqua e quelli del bar me la versano in un bicchiere per evitare lanci. «Pure a noi che siamo steward?». «Proprio voi dovete dare il buon esempio». Finalmente uno che rispetta le regole. Si va in tribuna. Ci si divide per la consueta "bonifica". Comincia ad arrivare la gente. Alcuni vanno verso il centro della Tribuna ma il gruppo più folto di steward, tra cui anche io, viene messo in fila indiana lungo la scala più vicina al settore ospiti. Distanza dagli juventini 10-15 metri. E' giusto. Diciamo che è una sorta di protezione e controllo degli spettatori della Monte Mario. Sono il secondo dall'alto, e così quando arrivano i tifosi, soprattutto quelli stranieri provo a rendermi utile indicandogli il posto giusto. Ma mi viene detto che non posso farlo, che non è mio compito e che al massimo lo può fare il primo della fila. Peccato che l'inglese non lo mastichi granché e si arrangi solo con i gesti. Arrivano gli juventini, ma all'inizio non ci sono i gruppi più "caldi" e la situazione è tranquilla. Quando però il loro settore si riempie l'atmosfera si accende. Qualche scaramuccia con quelli della Nord e a farne le spese sono alcuni steward. Avreste dovuto vederli. Ragazzi senza la minima preparazione in materia, con gli sguardi preoccupati di fronte all'avanzata degli juventini, con le mani protese in avanti a frenare la corsa di centinaia di scalmanati. A fine partita ci riferiranno di uno o due aggrediti.
Inizia la partita, poi segna Trezeguet. Gli juventini nell'esultanza si rivolgono verso di noi battendo le mani sulle vetrate. Una di queste va in frantumi. In pratica non c'è più la separazione tra loro e i tifosi in Montemario. Pochi secondi e compare un poliziotto in borghese che si catapulta verso la vetrata. Arrivano anche tre o quattro uomini in giacca e cravatta. Non c'è tensione, gli juventini si giustificano, dicendo che non avevano alcuna intenzione di fare casino e anche il poliziotto non si fa prendere da smanie di protagonismo. A quel punto ci chiamano: «Voi, venite qui». «Noi?». In pratica facciamo da scudo, da separazione. Al posto del vetro. Un paio di noi vengono mandati proprio in mezzo ai tifosi bianconeri. E di certo non i più smaliziati o ben addestrati. Solo dei ragazzi semplici semplici, anche timidi, in giacca e cravatta e nessuna esperienza del genere. Per fortuna non gli accade niente ma le loro facce sono terrorizzate. Segna Totti, confesso di essermi lasciato andare ad una esultanza, poi resomi conto della vicinanza dei tifosi avversari torno rapidamente in me. Al secondo gol riesco a trattenermi. Una sfinge. Finisce il primo tempo e arrivano i poliziotti. Noi non serviamo più, e torniamo alla posizione di partenza, in fila indiana. Al 43' arriva il gol di Iaquinta. E in Montemario spuntano centinaia di juventini che fino a quel punto non si erano visti ne sentiti. E noi lì, zitti, ad ingoiare il boccone amaro mentre i tifosi bianconeri si dilettano a mostrarci le natiche appiccicandole al vetro, quello ancora sano. La giornata finisce lì, si torna sotto la Tribuna d'Onore: «I cappelletti teneteli per la prossima volta». «Prossima volta? Significa che con l'Inter mi ritocca?».
29/9/2007 ROMA-INTER
Prima di Roma-Juve avevamo subìto una ramanzina per il ritardo all'arrivo. Per non fare il bis mi presento quasi puntuale, quasi. L'appuntamento è alle 13, in realtà sono al cancello alle 13,30. C'è una fila chilometrica. «Ma perché ci fate venire a quest'ora?». Bah. Per fortuna in coda incontro uno degli steward conosciuti la sera della festa degli ottanta anni. Uno dei più simpatici. Gli racconto della partita in mezzo agli juventini, e lui. «Ma che sei matto? Io per 20 euro non la rischio la vita. Se col Napoli mi mandano nel settore ospiti me ne vado proprio». E' questo lo spirito della maggior parte di quelli che sono lì con me. «Fatemi vedere la partita e non mi chiedete altro, non mi servono nemmeno i 20 euro». E questi dovrebbero essere quelli che dovrebbero garantire la sicurezza negli stadi italiani? Accanto a noi c'è un ragazzo che invece dice di essere contento di stare nel settore ospiti «perché almeno lì sei sicuro di vedertela tutta la partita». Sì, ma con che spirito? Contento lui. Si entra e stavolta mi hanno rimandato in Tribuna Tevere. Prima però vado a chiedere di nuovo per i soldi, almeno quelli della festa. Niente. La prossima volta. Ma per me la prossima volta non ci sarà, e quei soldi non li vedrò mai. Pochi maledetti e subito? Macché, pochi, maledetti e mai. Mi affidano al responsabile della Tevere e iniziamo con la solita "bonifica". Poi c'è tempo da perdere, un'infinità. Mi metto a chiacchierare con un ragazzo che fa questo lavoretto per vedersi le partite e guadagnarsi due lire. Studia all'università e non è che vada fuori di testa per la Roma. A un certo punto arriva un suo amico furioso: «Ma voi che c'avete scritto sul tesserino?». «Perché?». «Perché io è il terzo anno che sto qui e mi mettono sempre ai cancelli, e la partita non la vedo. Al massimo metà. Ma non c'è una gerarchia?». Non ha tutti i torti, scoprire il modo in cui le persone vengono assegnate ai loro posti è un mistero.
Si aprono i cancelli e si inizia a lavorare. A me e al mio "compagno di settore" dicono di metterci sulle scale, in posizione abbastanza centrale, poco verso la Nord. Mi metto vicino all'ingresso e comincio a dare indicazoni a tutti quelli che cercano il posto. Passano le giornate ma ancora in tanti non capiscono dove devono andare (la numerazione resta incomprensibile). Visto che sto lì mi impegno e il mio settore funziona bene, tutti trovano il loro posto, teniamo le scale libere. Tutto in regola insomma. Ma dopo un po' il responsabile, visibilmente nervoso e sudato (chissà forse dopo una strigliata dall'alto) mi dice che non va bene, che non devo dare informazioni, e che devo stare sulle scale e basta per tenerle libere. Ricapitolando: non devo dare informazioni e non devo muovermi dal mio posto. Insomma, un lavoro utile. Lo faccio per un po' ma poi la gente alla disperata ricerca del suo posto viene da me e mi chiede dove andare. Nel settore ospiti esplode un petardo e uno steward resta stordito, forse ferito? Meno male che oggi non ci sto io lì in mezzo agli interisti. La partita è iniziata e il nostro settore è un gioiellino, ma ancora una volta non va bene. Poco prima della fine del primo tempo il responsabile passa dalle nostre parti e ci dice «Non state lì, andate di sotto». «Sotto dove? E perché?». Esaguiamo e di sotto ovviamente non c'è nulla da fare, ma in compenso non si riesce a vedere un granché la partita. Nel frattempo finisce il primo tempo e nel nostro settore di competenza iniziale ci sarebbe bisogno di noi con tanta gente che cerca il bagno o non ritrova il posto. Ma noi siamo ancora lì. Utile no? Dopo un po' risalgo lo stesso per rendermi utile. A cinque dalla fine la solita transumanza verso il parterre. Tutti gli steward in fila indiana per "farsi vedere". Si guardano gli ultimi minuti di partita, poi si aiuta la gente ad andare via. Stavolta non c'è il raduno in Montemario, una comunicazione al walkie talkie e poi il rompete le righe. Altre otto ore praticamente buttate.
I miei 100 giorni da steward finiscono qui. Lascio con alcuni dilemmi irrisolti: Quale è il compito degli steward? Quando verranno istruiti a dovere? Cosa succederebbe se ci fossero dei gravi scontri? Perché ci sono ragazzi che decidono comunque di farlo invece di vedersi la partita con gli amici? E soprattutto, vedrò mai i miei 20 euro?